IL COMPOST

a cura del Dr. Emanuele Orsi

La sempre maggior scarsezza di materiali torbosi derivata sia dalla effettiva riduzione delle riserve sia dalle leggi che in vari paesi europei tendono a limitare l’utilizzazione delle torbiere, fanno ritenere che in un futuro molto prossimo l’impiego per la coltivazione di piante in vaso, sia a fini hobbistici sia professionali, di substrati derivati dal riciclaggio di materiale organico acquisterà una sempre maggiore rilevanza.

Già oggi l’impiego di compost derivato da varie matrici trova largo uso nella preparazione di terricci di normale impiego nella coltivazione di piante da interno.

In proposito l’esperienza acquisita mostra come, se il materiale di partenza è stato lavorato in maniera corretta, non esistano particolari problemi nell’utilizzo di tali substrati. Al momento attuale più rari sono gli impieghi di compost nella produzione di piante ornamentali da esterno, dove nella migliore delle ipotesi questo materiale è stato usato solo in piccola quantità, con molto timore e al solo fine di "vedere cosa succede".

In realtà risulta da numerosissime prove condotte come l’aggiunta di aliquote di compost alla normale miscela di torba e pomice non crei alcun problema alle piante che anzi sembrano giovarsi della buona presenza di nitrati prontamente disponibili, tipica del materiale fermentato.

È da ritenere che in un prossimo futuro l’utilizzazione di tale prodotto nella pratica vivaistica assumerà una importanza rilevante ed a tal fine riteniamo utile esporre brevemente sia le modalità di produzione sia i possibili impieghi.

Tutto ciò nella speranza che quel poco di conoscenza che la lettura di questo articolo può dare sia utile a far superare la diffidenza con cui attualmente viene considerato il compost, e a capire quali siano gli standard di qualità che il produttore deve garantire al vivaista che lo impiega.

MATERIALE DI PARTENZA

In teoria qualunque materiale organico può essere trasformato in compost. La vera distinzione è data dall’uso che di tale compost si vuol fare.

Se il fine è quello di reintegrare un terreno della sostanza organica perduta a causa di coltivazioni intensive, qualunque compost può andar bene, purchè il materiale da cui deriva non sia inquinato da sostanze tossiche, quali metalli pesanti, residui industriali e simili.

Al contrario un prodotto che voglia essere impiegato per la produzione di piante ornamentali in vaso deve avere delle caratteristiche fisico-chimiche il cui raggiungimento è possibile solo se si attua una precisa selezione dei materiali di partenza.

In pratica in questi casi risulta necessario che almeno l’80% dei substrati sia di origine vegetale con forte prevalenza di materiale legnoso.

Un compost che abbia questa origine e che sia stato prodotto con la necessaria accortezza e competenza presenta caratteristiche fisiche e chimiche non molto dissimili da quelle di una torba di buona qualità.

CONDUZIONE DEL PROCESSO DI COMPOSTAGGIO

La descrizione dei processi di lavorazione del compost più avanti esposti sono riferiti ad un compost derivato esclusivamente da materiali vegetali, in quanto sono quelli che meglio si prestano ad una descrizione sintetica del processo produttivo.

Innanzi tutto precisiamo che con il termine di compostaggio si intende un processo biochimico per il cui tramite si ottiene la trasformazione di varie matrici organiche in un materiale finale con caratteristiche fisico, chimiche e biologiche diverse.

Questo processo inizia con una frantumazione molto spinta del materiale da sottoporre a lavorazione.

Una buona triturazione, che porti a particelle di massimo 4/6 cm di lunghezza è una premessa indispensabile per un buon svolgimento dei successivi passaggi soprattutto quando si lavori su materiale legnoso.

Dopo essere stata triturata, la massa viene posta in cumuli su platee all’aperto dove, per effetto della flora batterica e fungina, inizia il vero processo di produzione del compost.

Questo può essere diviso in due distinte fasi:

A) fase di bio-ossidazione

Durante questa fase il materiale subisce un attacco microbico delle molecole organiche libere quali zuccheri, amido, lipidi, sostanze proteiche.

Come prima conseguenza si ha, all’interno dei cumuli, un aumento rapido della temperatura sino a livelli di 60/65 C°.

Con il raggiungimento di tale livello termico si verificano due importanti fenomeni:

a) eliminazione degli agenti patogeni e dei semi delle erbe selvatiche

b) un calo generalizzato della carica microbica dovuto ad una forma di auto sterilizzazione della massa operata dall’elevata temperatura.

In assenza di interventi esterni si assisterebbe ad un rallentamento dell’attività fermentativa e ad un graduale, ma comunque rapido, abbassarsi della temperatura interna della massa.

In pratica in questa prima fase la flora batterica consuma tutte le molecole organiche più facilmente attaccabili, esaurendo buona parte dell’ossigeno presente nel cumulo.

Da questo momento la fermentazione si sviluppa in modo molto lento ed in maniera non dissimile da quanto avviene in natura a carico del materiale vegetale che naturalmente si accumula in un bosco.

Nella pratica, al fine di rendere più veloce il processo, si rende necessario procedere ad un rivoltamento delle masse in fermentazione prima che la temperatura raggiunga valori tali da danneggiare la flora batterica.

La rimozione dei cumuli porta sia ad una riduzione, anche sensibile, della temperatura, sia ad un riossigenamento del materiale.

È di fondamentale importanza mantenere sempre un elevato tenore di aria nei cumuli e comunque mai inferiore al 5% del volume degli stessi, in quanto se si verificano condizioni di mancanza di ossigeno, si avranno fenomeni indesiderati di sviluppo della flora batterica anaerobica con conseguente formazione di idrogeno solforato, mercaptani, e in generale di sostanze maleodoranti responsabili del cattivo odore tipico delle discariche classiche.

Al contrario se il processo è ben condotto non si ha alcuna emissione di cattivi odori.

Si potrebbero inoltre avere gravi fenomeni di tossicità sulle piante se un compost prodotto in assenza di ossigeno venisse utilizzato in agricoltura.

Dopo il rivoltamento dei cumuli e la loro ricostituzione il processo riprende il suo corso con un aumento rapido della temperatura.

È necessario procedere a varie operazione di movimentazione del materiale. Ovviamente ogni volta l’innalzamento del livello termico sarà più contenuto in quanto man mano che il materiale più facilmente fermentescibile si esaurisce anche il processo diventa meno tumultuoso

B) maturazione della massa

Con il cessare della fase bio-ossidativa inizia una seconda fase generalmente definita di maturazione.

Anche in questa fase si hanno processi bio-ossidativi ma il loro svolgimento è molto lento e non consente alla massa di raggiungere temperature elevate. Mentre nella fase descritta in precedenza la flora batterica consuma le sostanze organiche libere, nella fase di maturazione i processi biochimici indotti dai microrganismi sul materiale sono più complessi e possono essere ricondotti alla formazione, mediante reazioni di polimerizzazione delle molecole derivate dalla fase tumultuosa della fermentazione, di complessi organici non preesistenti nel materiale di partenza che vengono genericamente definiti complessi umici.

Sintetizzando possiamo dire che:

la fase iniziale del processo di compostaggio determina la distruzione microbica dei materiali più facilmente fermentescibili con conseguente raggiungimento di condizioni di stabilità dei cumuli.

Tale livello di raggiunta stabilità si manifesta "visivamente" con il cessare della riduzione del volume del cumulo, molto alta nella prima fase, e con la stabilizzazione del livello termico interno.

La fase successiva di maturazione determina la trasformazione delle sostanze derivate dalla prima in sostanze umiche. In pratica in questa fase si realizza la trasformazione della sostanza di scarto in un compost di qualità.

È necessario a questo punto introdurre un ulteriore concetto di fondamentale importanza per la preparazione e l’impiego del compost in agricoltura, cioè il rapporto carbonio/azoto del materiale

Questo parametro, frequentemente indicato come rapporto C/N indica quante "unità" di carbonio ci sono per ogni "unità" di azoto.

È noto che i batteri, come tutti gli organismi viventi, usano l’azoto come produttore di proteine e il carbonio come fonte di energia.

Affinché il processo fermentativo decorra in modo corretto è necessario che il materiale di partenza abbia un rapporto C/N intorno a 30, in quanto è ben noto come i microrganismi consumino 30 atomi di carbonio per ogni atomo di azoto. Se così è, la fermentazione si svolge nel migliore dei modi.

Al contrario in presenza di rapporti C/N alti, poniamo 80, la fermentazione non si svolge in modo completo in quanto non appena i microrganismi avranno consumato tutto l’azoto disponibile la fermentazione si interromperà o più probabilmente assumerà un andamento lento.

L’importanza di tale parametro è duplice in quanto può determinare sia le migliori condizioni per la corretta fermentazione del materiale nella fase iniziale della lavorazione sia la qualità del prodotto finito.

È sempre necessario assicurarsi, prima di utilizzare un compost per coltivarvi delle piante in vaso, che questo parametro sia su valori intorno a 30 in quanto se tale valore risultasse più alto ci potrebbero essere delle rifermentazioni successive in grado di danneggiare in modo grave le piante in esso coltivate.

Il controllo di questo valore è sempre utile in quanto ci può garantire che il materiale ha raggiunto sufficienti condizioni di stabilità.

Altro aspetto importante è la frantumazione del materiale da compostare in quanto più elevata è la finezza del materiale più elevata sarà la sua stabilità.

Per meglio comprendere questo concetto prendiamo ad esempio un cumulo di materiale vegetale le cui particelle siano, dopo aver subito una prima frantumazione, del diametro medio di 5 cm.

U processo fermentativo, inteso come somma delle alterazioni cui andranno incontro, sarà massimo sulla loro superficie esterna ed andrà diminuendo man mano verso l’interno.

Pertanto l’azione dei microrganismi dopo un rapido sviluppo dovuto al consumo delle sostanze alimentari presenti negli strati superficiali delle particelle tenderà ad un sensibile rallentamento.

Se si interviene con una successiva frantumazione che riduca il diametro delle particelle a 2 cm., mettendo quindi allo scoperto strati di materiale non o poco toccato dall’azione microbica, il processo fermentativo riprenderà in pieno.

Nella pratica i cumuli vengono periodicamente sottoposti a vagliatura ottenendo due diverse frazioni, una più fine ed una più grossolana.

La parte fine ha ormai esaurito la fase di fermentazione e dopo un breve periodo di assestamento può essere impiegata.

Per contro la parte più grossolana viene ulteriormente frantumata, dopodiché riprende a fermentare in modo ossidativo.

Deve pertanto essere ben chiaro come nei molti mesi necessari a trasformare il materiale di partenza in un compost non ci sia una sola fase di fermentazione tumultuosa seguita da una successiva fase di maturazione ma al contrario ci siano delle continue alternanze tra i due momenti, alternanza determinata dalle pratiche di rivoltamento e vagliatura dei cumuli.

Ad ogni vagliatura si ottiene una frazione di materiale fine pronto per l’impiego e una parte grossolana che deve continuare la fermentazione per un tempo sufficientemente lungo affinché l’andamento della temperatura interna diventi basso e costante, poi sarà nuovamente vagliato separando il materiale fine e pronto da ciò che è ancora grossolano e quindi da far rifermentare.

E' quindi un procedimento estremamente "dinamico".

TEMPI NECESSARI PER AVER UN PRODOTTO FINALE DI QUALITÀ

Non è agevole dare indicazioni precise stante la grande varietà di fattori che interagiscono nel processo di compostaggio. In linea di massima si può affermare che lasciando il materiale a fermentare naturalmente su platea senza interventi diversi occorrono almeno 6/7 mesi se la matrice di partenza è costituita solo da materiale derivante da potature o scarti di lavorazione del legno. Per inciso questo è il miglior compost possibile.

Ovviamente se si impiegano matrici più facilmente fermentescibili anche i tempi si riducono.

IMPIEGO DEL COMPOST NELL’ATTIVITA' VIVAISTICA

Da personali esperienze condotte, il sottoscritto ritiene che l’impiego di un compost di qualità in abbinamento alla miscela torba/pomice usata nei vivai pistoiesi per la produzione di piante in vaso, non comporti alcun problema per le piante.

Per contro può rappresentare un modo per ridurre le importazioni di torba e il costo dei terricciati.

Per quanto riguarda la produzione di piante in piena terra l’utilizzo di compost si rivela di estrema utilità quale reintegratore di sostanza organica in quanto la sua azione nel terreno è similare a quella esercitata da un buon letame.

Interessante anche la sua azione di diserbante naturale, se utilizzato come pacciamatura.


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