CORSO DI SPECIALIZZAZIONE IN TECNICHE FLORO-VIVAISTICHE


MODULO 3: VIVAISMO PARTE SPECIALE

LATIFOGLIE & ARBUSTI: TECNICHE DI COLTIVAZIONE

Dr. Paolo Marzialetti

Gennaio 1993

Iª PARTE

LE COLTURE ORNAMENTALI IN PIENO CAMPO: GENERALITA’

Negli ultimi anni la tecnica vivaistica ha subito notevoli cambiamenti. Da quando è stata introdotta ed ha preso piede la coltura in contenitore, i cicli colturali delle piante ornamentali sono diventati molto più complessi, rispetto alle tecniche tradizionali. In particolare la zollatura finale per la commercializzazione viene sempre più spesso completata con l’invasatura e la coltura in contenitore viene variamente alterna a quella in pieno campo.

FIGURA 1. Schema dei cicli colturali delle piante ornamentali

GIOVANI PIANTE
| >-----------------------> A DIMORA
| | IN
>----> IN CAMPO >----> TRAPIANTI >-----> ZOLLA
| /\ | |
| || ||<-<----------------<
| || ||
| ||<-++-<--------------<
| || | |
| \/ | |
>----> IN VASO >----> RINVASI >--------> A DIMORA
| | IN
| >------------------------> VASO
|
>--------------------------------------> (VASETTO)

Come vediamo nello schema, le giovani piante provenienti dalla riproduzione oltre ad essere messe direttamente a dimora possono essere coltivate in vaso oppure in pieno campo.

Nel primo caso possono subire diverse rinvasature prima di essere messe a dimora, oppure essere passate alla coltivazione in campo sia subito dopo il primo anno che dopo uno o più rinvasi. Questo può essere il caso di alcune alberature che vanno piantate in campo con dei sesti abbastanza ampi e quindi si usano degli astoni già cresciuti, oppure anche di arbusti allevati in contenitore fino alla prima misura commerciale ed in seguito la rimanenza che non è stata venduta viene passata in campo per ottenere delle piante di dimensioni maggiori. Alla fine anche queste ultime potranno ritornare in contenitore per essere avviate alla vendita, invece di essere preparate semplicemente in zolla.

Nel caso invece che le giovani piante provenienti dalla riproduzione siano state piantatein campo, queste potranno subire alcuni trapianti prima di essere messe a dimora, oppure essere passate alla coltura in contenitore. Questo passaggio può avvenire sia prima del primo trapianto che dopo averne subiti uno o più, poiché come abbiamo detto la zollatura viene spesso completata con l’invasatura.

Come abbiamo visto quindi la coltura in pieno campo viene largamente integrata con la coltura in contenitore. Tuttavia, come considerazione generale la coltivazione in vaso viene praticata prevalentemente con le piante a ciclo breve e crescita rapida, mentre la coltivazione in pieno campo viene sempre preferita per produrre piante di grandi dimensioni ed ottenere accrescimenti annui più consistenti.

Per quanto riguarda la pratica di completare la zollatura con l’invasatura, più che di una coltura si tratta di una preparazione per l’avviamento alla vendita, poiché la pianta spesso rimane in vaso solo pochi mesi.

SISTEMAZIONE DEL TERRENO

Prima di procedere ad un impianto è necessario eseguire alcuni lavori di sistemazione, anche nel caso che il terreno fosse già stato coltivato a vivaio. Questi lavori sono molto importanti per il buon esito della coltura, e se non vengono eseguiti prima della messa a dimora delle piante, poi non sarà più possibile rimediare.

Sistemazione idraulica

Il terreno andrà livellato e soprattutto, nel caso abbia già ospitato una coltura a vivaio, andranno coperte le buche lasciate dalla zollatura delle piante. Inoltre sarà opportuno dare una leggera baulatura per evitare ristagni di acqua. Per lo smaltimento delle acque superficiali, se non sono già presenti, è necessario scavare delle fosse scoline di 60-70 cm di profondità ogni 30-35 metri. Gli appezzamenti in genere vengono tagliati di lunghezza non superiore ai 100-150 metri.

Nel caso di terreni declivi, contrariamente a quanto si potrebbe credere, lo smaltimento delle acque non è facilitato anzi è necessario tracciare le fosse scoline a distanze inferiori e diminuire la lunghezza dei campi. Questo affinché la quantità di acqua smaltita da ogni singola fossa sia inferiore e non si verifichino fenomeni di erosione ed asportazione di terreno.

Lavorazioni

La vecchia pratica dello scasso non viene più eseguita da tempo sui nuovi impianti perché si è rivelata essere più dannosa che altro. Infatti portando in superficie gli strati più profondi del terreno provoca seri problemi alle coltivazioni che vi si impiantano.

I vivaisti invece eseguono solo una aratura superficiale a 50-60 cm oppure fanno “diveltare” il terreno con un’escavatore. Quest’ultima pratica serve a riunire insieme varie operazioni. L’escavatore serve infatti a riempire le buche lasciate dalla coltura precedente, asportare eventuali ceppaie rimaste, spargere uniformemente il terreno che è stato eventualmente riportato ed infine la pala meccanica scava e rivolta tutta la superficie ad una profondità di 50-60 cm come una specie di aratura. Quindi con una erpicatura o una fresatura si completa la preparazione del terreno per l’impianto.

Concimazione di fondo

I terreni da vivaio sono sempre cronicamente carenti di sostanza organica e questo è facilmente spiegabile col fatto che ad ogni ciclo colturale, assieme alla zolla delle piante, se ne va gran parte dello strato superficiale del terreno. Ciò premesso, la principale reintegrazione da effettuare con la concimazione di fondo dovrà essere proprio quella di sostanza organica, ed il miglior modo per farlo è attraverso una letamazione.

Inutile suggerire quantità di 300-600 q.li/ha, secondo la qualità del letame e la carenza del terreno, perché a causa della difficoltà di reperire questo ammendante spesso ci si deve accontentare di quantità molto inferiori. In mancanza del letame, possono essere utilizzati anche tutta quella serie di prodotti, messi a disposizione dall’industria, tipo pollina o stallatico pellettato ecc. Ma naturalmente, per i noti motivi microbiologici, non è esattamente la stessa cosa.

Inoltre, in questa fase, nel caso sia stata evidenziata carenza da un’opportuna analisi del terreno, è il momento di effettuare una concimazione fosfo-potassica. Essendo questi due elementi poco mobili nel profilo del terreno, sarebbe opportuno incorporarli adesso, prima della lavorazione. Eventuali concimazioni azotate invece, in questa fase, sono del tutto sconsigliate poiché, quando la coltura ne avrà bisogno, saranno già state dilavate o utilizzate dalle malerbe.

PIANTAGIONE

Nel vivaismo tradizionale era abbastanza frequente l’impianto di coltivazioni miste, cioè composte da filari alternati di essenze diverse per forma ed esigenze. Alberi ad alto fusto alternati ad arbusti, specie ombrofile riparate sotto la chioma di altre ecc.

Adesso è sempre più raro vedere questi impianti misti se non presso qualche piccolo coltivatore che vuole sfruttare al massimo la superficie di terreno che possiede. Nei grandi impianti viene privilegiata la coltura specializzata perché è necessario spingere al massimo la meccanizzazione di tutte le operazioni.

Tuttavia, in certi casi, può essere ancora conveniente utilizzare la striscia di terreno nell’interfilare di un’alberatura, ad esempio piantandoci un filo di arbusti a ciclo breve. In genere si utilizza un interfilare ogni due per consentire il passaggio per i trattamenti ed i diserbi. In questo modo, per l’epoca in cui l’alberatura avrà formato la chioma e chiuderà l’interfilare, gli arbusti saranno pronti da levare e si sarà guadagnata una coltura in più.

Sesti d’impianto

Quanto abbiamo visto sopra si riflette anche sui sesti di impianto che una volta erano più stretti. Adesso la tendenza è quella di utilizzare sesti più ampi, sia per consentire il passaggio delle macchine che per effettuare un numero inferiore di trapianti e diradi. Di questo allargamento dei sesti si può quindi approfittare per inserire delle colture a ciclo più breve, nel primo periodo dell’impianto.

Inoltre, per le piante di grosse dimensioni o a ciclo più lungo, invece di usare una distanza tra le file ed una inferiore sulla fila spesso si tende a piantare in quadrato per consentire le lavorazioni con le macchine in entrambi i sensi.

Un’altra tendenza abbastanza diffusa è quella di binare le file, in specialmodo per gli arbusti, consentendo di mettere più piante sulla stessa superficie ma nello stesso tempo consentire agevolmente il passaggio ogni due filari.

Infine, per certe colture particolari, inizialmente vengono utilizzati dei sesti ridottissimi affinché le piante siano costrette a filare ed a spogliarsi alla base, per formare nel più breve tempo possibile il fusto alto e pulito. A questo punto possono essere innestate in testa oppure semplicemente trapiantate a sesti più ampi, per l’espansione della chioma.

Per quanto riguarda le misure dei sesti le vedremo in seguito, caso per caso, trattando le varie tipologie di piante ed arbusti ornamentali.

Pacciamatura

Per certe coltivazioni negli ultimi anni si è diffusa la pratica della pacciamatura con film plastici. I vantaggi sono di carattere agronomico, sulla struttura del terreno, la conservazione dell’acqua e soprattutto il controllo delle malerbe, specialmente per piante basse che rischiano di essere soffocate. Un’altra caratteristica interessante è che, una volta steso con le apposite macchine, il film plastico consente di effettuare la piantagione quando si vuole, anche in un periodo molto piovoso, in cui non si possono effettuare altri lavori in vivaio.

Naturalmente la pacciamatura con film plastici presenta anche alcuni svantaggi, per esempio non controlla le malerbe nell’interfilare e spesso anche nel foro per piantare l’astone, se è molto grande, per cui è necessario intervenire con il diserbo. Poiché contribuisce a mantenere il terreno soffice ed aereato, il film plastico andrà rimosso in anticipo, diversi mesi prima di levare le piante, altrimenti non sarà possibile la zollatura.

Inoltre per lo smaltimento dei film plastici usati ci sono dei problemi: oltre ad essere costoso non è facile reperire ditte autorizzate. Infine, nel caso si debba effettuare un’impianto a macchina, una tecnica che ultimamente si stà diffondendo molto per le alberature, non sarà possibile adottare anche la pacciamatura.

Epoca d’impianto

Il terreno preparato per l’impianto come abbiamo visto sopra verrà quindi squadrato, verranno tracciati i filari e segnate le posizioni per la messa a dimora delle piante. L’epoca per effettuare l’impianto generalmente non viene scelta in base a criteri agronomici ma purtroppo è subordinato alla disponibilità di manodopera che è spesso critica per i vivai. Per cui si può arrivare a piantare anche a Giugno, ed in seguito effettuare frequenti irrigazioni per far sopravvivere le piante durante l’estate.

Quindi l’epoca per la piantagione, tolti i mesi estivi, si può dire che si estende da Settembre a Giugno, nei periodi di tempo in cui non si effettuano le spedizioni.

Sostegni

In genere per alberi a fusto, penduli o ricadenti e per arbusti rampicanti è necessario installare anche un sistema di tutori adeguato, secondo la tipologia delle piante. Si utilizzano solitamente canne di bambù, pali di castagno e fili di ferro. Questi ultimi attualmente vengono spesso sostituiti da fili di varie materie plastiche, in particolare teflon, che sono riutilizzabili più volte.

I pali di castagno devono essere scortecciati, per non diffondere patogeni e insetti parassiti del legno, inoltre spesso vengono catramati o bruciati nella parte terminale che va sotto terra, per evitare che marciscano troppo presto.

In certi casi il sostegno non sarebbe richiesto fino dal primo anno e potrebbe essere installato in seguito, ma nel caso debba anche sostenere l’impianto di irrigazione a goccia dovrà essere installato subito alla piantagione.

Per quanto riguarda le legature viene utilizzato per lo più un tipo di materiale plastico tubolare, molto elastico ma resistente, che riesce ad assecondare l’accrescimento della pianta, fino ad un certo punto, senza strozzarla. La legatura va però rinnovata ogni anno, anche perché la plastica del legaccio perde l’elasticità ed indurisce con i freddi invernali.

Impianto irriguo

Generalmente gli interventi irrigui si limitano al primo anno di impianto ed in seguito sono solo di soccorso, per assistere le piante nei periodi più siccitosi.

Nel caso che si scelga l’irrigazione a goccia, come abbiamo visto, è necessario approntare l’impianto in questa fase. Attualmente si utilizza una componentistica molto semplice. Dalla presa d’acqua si stende un tubo di polietilene di circa un pollice per la distribuzione a capofila. Su di esso, ad ogni filare, si innesta un tubo di polietilene da circa ½ pollice, legato al filo o ai tutori, ad un’altezza non superiore al metro. Poi su questo tubo, in corrispondenza di ogni pianta, si innesta un gocciolatore. Tutti gli innesti sono ad incastro, vista la ridotta pressione nell’impianto. Basta fare un foro nel tubo, con l’apposito attrezzo, e infilare la spina ad incastro. I gocciolatori sono di diversi tipi, ma quelli con labirinto, autopulenti, sono preferibili anche in relazione al tipo di acqua. Se i gocciolatori si mettono ad un’altezza superiore al metro, sarebbe necessario applicare uno spaghetto che porti la goccia al piede della pianta.

Invece se si utilizza l’irrigazione per aspersione o scorrimento l’impianto sarà di tipo mobile e potrà essere approntato in seguito. Al massimo, in questa fase, bisognerà prevedere l’assolcatura per lo scorrimento dell’acqua. Il tipo di attrezzatura necessaria è a tutti ben nota.

Tuttavia, qualsiasi tecnica di irrigazione si scelga, il vivaio dovrà sempre essere provvisto almeno di una presa d’acqua per l’irrigazione nella fase di attecchimento dopo l’impianto oltre che di soccorso nei periodi critici.

CURE COLTURALI

Una volta provveduto all’impianto del vivaio vi è tutta una serie di cure che annualmente andranno prestate alla coltura affinché abbia un buon esito e la produzione raggiunga un’ottima qualità commerciale.

Lavorazioni

Accennando rapidamente alle principali lavorazioni del terreno, queste saranno limitate all’eliminazione delle malerbe, l’arieggiamento del terreno, l’interramento dei concimi, oltre che alla modellazione del profilo superficiale. In genere viene effettuata una sarchiatura primaverile per eliminare l’assolcatura autunnale ed interrare una concimazione azotata, oltre che eliminare le malerbe.

In seguito prima dell’estate può essere effettuata una sarchiatura o una fresatura per rompere la crosta superficiale, eliminare le malerbe e ridurre le perdite di acqua.

In autunno, prima dell’arrivo della brutta stagione, il vivaio viene preparato per l’inverno con un’assolcatura che serve a rincalzare le piante, riparando meglio le radici dalle basse temperature, oltre che ad agevolare lo sgrondo delle acque superficiali.

Concimazione

Riguardo alla concimazione, durante la coltura, oltre agli ammendanti di sostanza organica, come abbiamo già detto, si somministrano principalmente fertilizzanti azotati. In genere le concimazioni sono localizzate, eseguite con concimi chimici tipo nitrato ammonico, urea o ternari ad alto titolo d’azoto, oppure più recentemente con concimi organo-minerali e a lenta cessione.

Vengono distribuiti generalmente durante le lavorazioni primaverili ed il dosaggio è spesso molto empirico. Tuttavia per dare un’orientamento di massima si dovrebbero distribuire dai 100 ai 150, massimo 200 Kg di azoto per ettaro, secondo le asportazioni, regolandosi con la massa vegetativa della coltura. Ad esempio la prima dose potrebbe essere sufficiente per un vivaio di piccoli o medi arbusti, quella intermedia per grossi arbusti o giovani alberi e la maggiore per dei grandi alberi oppure un vivaio consociato di alberature e arbusti.

Sono molto usati anche i concimi organici derivati dagli scarti della lavorazione del cuoio, tipo ICO o Dermazoto. Questi non hanno bisogno di essere interrati e cedono l’azoto molto lentamente durante l’arco della stagione, inoltre sono anche molto ricchi di sostanza organica e si possono distribuire in ogni momento.

Diserbo

Il diserbo, contrariamente a quanto si crede, in vivaio non viene usato con troppa frequenza. Generalmente viene effettuato un trattamento nel periodo invernale per arrivare al momento delle lavorazioni primaverili con il vivaio poco inerbito. I prodotti più usati in questo periodo sono i disseccanti, anche in miscela con antigerminanti. In seguito nel periodo primaverile-estivo se ci sono particolari problemi di infestanti poliennali possono essere usati dei sistemici oppure degli antigerminanti, dopo la preparazione per l’estate, al fine di mantenere il vivaio pulito fino all’assolcatura autunnale.

Irrigazione

Come abbiamo già accennato sopra in genere gli interventi irrigui si limitano al primo anno di impianto ed in seguito sono solo di soccorso. Tuttavia vi sono casi di impianti declivi in zona pedecollinare che soffrono maggiormente la siccità rispetto ai terreni freschi della piana e che richiedono interventi regolari nei periodi più caldi. Oppure vi sono casi di colture particolarmente esigenti in fatto di umidità nel terreno come azalee, rododendri, camelie, ortensie e molti altri arbusti da fiore. Inoltre molti rampicanti e tutte le specie a rapida crescita consumano molta acqua e richiedono di essere irrigati per ottenere accrescimenti ottimali.

La pratica di forzare le colture irrigandole regolarmente con degli impianti permanenti anche a goccia, spesso utilizzata su coltivazioni di alberature e simili al fine di ottenerne maggiori accrescimenti, non sempre si è rivelata conveniente. Infatti, poiché le piante vegetano più a lungo, sono spesso più sensibili alle gelate ed al freddo e non sempre ripagano le maggiori spese per l’impianto di irrigazione permanente.

Riguardo alle tecniche irrigue, la più usata è quella per aspersione per mezzo di irrigatori di varie dimensioni e portate, a causa della sua notevole versatilità. Nelle zone pianeggianti e ricche di acqua viene spesso utilizzata anche l’irrigazione per scorrimento e infiltrazione laterale, impiegando un sistema di manichette. Negli ultimi tempi si sta diffondendo anche l’irrigazione a goccia, specialmente in quelle colture che richiedono pali e fili a cui può essere fissato l’impianto. Spesso, se il ciclo colturale non è molto lungo, questo viene recuperato al termine e riutilizzato in seguito.

Potatura

Infine, una delle cure colturali più importanti e difficili, al fine di educare la pianta, è senz’altro la potatura, che unitamente all’eventuale legatura dei rami e del fusto ai tutori, contribuisce a mantenere la forma d’allevamento desiderata.

La potatura di allevamento per le varie tipologie di alberi ed arbusti ornamentali verrà meglio trattata caso per caso, ma in generale la moderna tendenza è orientata verso l’ottenimento di forme “libere”. Ad eccezione di certe produzioni particolari, come quelle dell’arte topiaria, per il resto le potature sono impiegate per assecondare la vegetazione naturale riequilibrando ed armonizzando la forma senza eccessive forzature.

Al fine di poter comprendere meglio le operazioni che si eseguono per ottenere le diverse forme di allevamento, i principali interventi di potatura utilizzati possono essere così classificati:

• Soppressione dei rami, per ottenere un fusto pulito e privo di ramificazioni fino all’altezza desiderata.

Spuntatura dei rami, per contenere lo sviluppo della chioma entro un volume definito ed ottenere una vegetazione più densa mediante l’emissione di ramificazioni secondarie.

• Spuntatura del fusto, per l’accestimento degli arbusti o l’impalcatura degli alberi all’altezza desiderata. In quest’ultimo caso tuttavia la tendenza attuale è quella di mantenere la freccia.

• Cambio di direzione del fusto, deviandolo su una ramificazione laterale, per ottenere delle forme pendule o ricadenti.

• Spollonatura, per eliminare polloni e succhioni dei portinnesti o di piante pollonifere.

Legatura

La legatura delle piante è una pratica spesso associata alla potatura. Per certe essenze, come i rampicanti assume una grande importanza e deve essere eseguita diverse volte durante la stagione vegetativa. In generale invece, quando si tratta di legare le piante al tutore oppure al filo di sostegno, questa viene eseguita una volta all’anno in concomitanza con la potatura.

Riguardo ai materiali impiegati li abbiamo già visti nella parte che tratta dei sostegni.

Nonostante vengano utilizzati dei materiali plastici speciali, che si deformano con l’accrescimento del fusto o del ramo, è necessario rinnovare le legature ogni anno, affinché non strozzino la pianta

Per legare gli arbusti ai loro sostegni viene spesso usata una macchinetta, di fabbricazione giapponese, che fascia la vegetazione con una fettuccia di plastica colorata, la taglia e cuce i due lembi con una maglietta metallica. I diversi colori spesso vengono utilizzati per individuare varietà differenti della stessa specie.

Trapianto

Questo termine viene utilizzato per indicare operazioni con finalità diverse, ma che tuttavia consistono sempre nel togliere la pianta dal luogo dove si trova per spostarla altrove. Nelle colture di pieno campo la differenza sostanziale è che il trapianto può essere effettuato con zolla oppure a radice nuda.

Le piante che possono essere trapiantate a radice nuda sono quasi tutte caducifoglie e l’operazione viene effettuata quando sono in riposo vegetativo, prive dell’apparato fogliare. In certi casi, per le alberature la defogliazione può essere anticipata, usando prodotti ormonici, al fine di anticipare l’epoca di commercializzazione. In genere le essenze che vengono trapiantate a radice nuda sono spesso semenzali e giovani piante, oppure possono essere piante ornamentali di età e dimensioni non troppo elevate come ad esempio diverse specie di Acer, Celtis, Platanus, Robinia e Tilia. Tra i sempreverdi alcune essenze possono essere trapiantate a radice nuda quando sono molto piccole, ad esempio dal semenzaio al vivaio.

La stragrande maggioranza delle piante viene invece trapiantato in zolla. Una delle principali funzioni del trapianto è quello di operare una potatura dell’apparato radicale, impedendogli di svilupparsi in modo troppo esteso e costringendolo a ramificarsi e raccogliersi in un volume ridotto di terreno.

A questo scopo vengono effettuati anche dei trapianti “sul posto”, cioè rimettendo la pianta nella stessa buca da cui è stata zollata, oppure la “rizzollatura” che consiste nell’incisione della zolla tutt’intorno al colletto, recidendo le radici, senza però staccare completamente la pianta.

Per i motivi suddetti, è estremamente importante che, nei primi anni di coltivazione in campo, la pianta subisca dei trapianti ripetuti e frequenti. Invece poi, una volta condizionato l’apparato radicale, questi potranno divenire molto più rari. Inoltre i trapianti frequenti all’inizio della coltura fanno in modo che non si sviluppino radici di calibro eccessivo da dover poi recidere successivamente, per la messa a dimora.

In generale, a seconda del tipo di pianta, si possono avere 2-3 trapianti: a distanza di 1-2 anni il primo, 2-3 anni il secondo, 3-4 anni il terzo; poi, nel caso di piante esemplari, si continua eseguendo un trapianto ogni 5-6 anni.

Per quanto riguarda l’epoca e la preparazione a questa operazione, tutto viene basato sul fatto che essa comporta una riduzione della superficie radicale assorbente. Per cui si preferiscono i periodi primaverile e autunnale, che sono più freschi, inoltre, come preparazione, viene eseguita una potatura per ridurre la superficie fogliare traspirante.

Negli ultimi anni sono entrati nell’uso comune anche alcuni prodotti chimici, antitraspiranti o che rallentano il metabolismo della pianta, soprattutto per aiutare il trapianto di alberi di grosse dimensioni.

Zollatura

Questa operazione, come abbiamo visto, riveste un’importanza fondamentale per il successivo attecchimento delle piante ornamentali, sia che venga eseguita per un trapianto sia per la spedizione o l’invasatura. Una delle determinazioni più difficili e complesse è quella della forma e delle dimensioni della zolla.

Tuttavia, per il dimensionamento del pane di terra, generalmente si può considera che il suo diametro deve essere 2,5 - 3 volte la circonferenza del fusto (che, come di regola, viene misurato a 1 metro dal colletto). I più pratici passano una cordicella attorno al fusto, per misurarne la circonferenza e con questa, aumentata di “un po’” secondo il tipo di pianta, tracciano il raggio della zolla attorno al colletto.

Inoltre la zolla dovrebbe essere alta circa 2/3 del suo diametro, se non vi sono specifiche esigenze, come ad esempio per le conifere che necessitano di una zolla più profonda, a causa della radice fittonante. In pratica un’alberatura di 18-20 cm di circonferenza avrà una zolla di circa 50-60 cm di diametro e 35-40 cm di profondità.

Attualmente, tuttavia sono molto usate delle zollatrici meccaniche, con lame intercambiabili secondo la dimensione della zolla, che rendono più automatico il dimensionamento e gli conferiscono una forma da emisferica a ellissoidale.

Il confezionamento della zolla può essere eseguito con vari materiali: dalla tradizionale paglia di cereali alla più moderna juta, ai cascami di stoffa biodegradabile, alla rete di ferro, al film plastico termorestringente. La semplice stoffa, con una serie di legature di spago o filo di ferro, può essere sufficiente per le zolle di arbusti medio-piccoli o alberi delle misure inferiori. Per piante che superano certe dimensioni (arbusti di 150-200 cm di altezza o alberi di 10-12 cm di circonferenza) con zolle molto grosse, vengono richiesti rivestimenti più robusti. Spesso in questi casi vengono utilizzati più materiali: tela di juta e rete metallica, rete metallica e film plastico, oppure tutti e tre assieme.

E’ molto importante che il tessuto (il “cencio” o “straccio” come viene chiamato in gergo) sia di fibre naturali biodegradabili, come pure che la rete metallica non sia zincata ed a maglie larghe: affinché dopo l’impianto si degradino nel terreno in tempo utile per impedire lo strozzamento delle radici.

Il film plastico termorestringente, come ad esempio il “Plant Plast” brevettato dalla Ditta Mati, non essendo biodegradabile dovrà invece essere tolto prima della messa a dimora delle piante.


CORSO DI SPECIALIZZAZIONE IN TECNICHE FLORO-VIVAISTICHE
Parte Generale - Tecnica Floro-Vivaistica
Parte Speciale - Tecnica colturale: le latifoglie
Parte Speciale - Tecnica colturale: gli arbusti

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